La Cantata dei Pastori

Finale della Cantata dei Pastori

Adesso non so, ma fino agli anni 70 in tutto la zona napoletana e nelle colonie costituite all’estero degli emigranti campani o partenopei, in ogni città, paese, borgo e villaggio, si recitava La Cantata dei Pastori. Recitarvi o assistervi era considerato l’adempimento ad un precetto religioso.
Al Teatro Trianon di Napoli è stata rappresentata ininterrottamente per una trentina di anni dalla compagnia di Peppe Barra.
L’opera, in versi, è stata scritta nel 1698 dal gesuita Andrea Perucci con un intento edificatorio e riservato originariamente ad un pubblico acculturato. Ma noi siamo nel paese dell’opera buffa e della commedia dell’arte: attorno ad un canovaccio, gli attori si sbizzarrivano con le improvvisazioni.
La Cantata dei Pastori rappresenta la nascita di Gesù Bambino. Maria e Giuseppe per adempiere al censimento romano fanno ritorno a casa inseguiti dai diavoli che vogliono impedire la nascita del Bimbo. I loro sforzi è inutile dirlo saranno inutili.
C’è un prologo dei demoni con Pluto e Belfagor che dichiarano la guerra al nascituro, poi Benino che fa un sogno dell’evento ed Armenzio che dice il suo che è identico. La coppia subisce ripetutamente gli attacchi demoniaci ma, protetti dall’Arcangelo Gabriele, Gesù Bambino nella scena finale nasce nella grotta.
Poi c’è Cidonio cacciatore e c’è Ruscellio pescatore, ma soprattutto grazie alla Commedia dell’arte, ci sono i personaggi aggiunti successivamente e che diventano gli attori principali, perché rappresentano il popolo: Razzullo e Sarchiapone. Anche Benino, Armenzio egli altri rappresentano il popolo. Ma Razzullo e Sarchiapone in particolare rappresentano quello partenopeo.
Razzullo è uno squattrinato scrivano alto magro allampanato, un naso adunco, con una zimarra nera fra il vestito del notaio e del prete settecentesco, alla ricerca sempre di qualcosa da mangiare. Sarchiapone è invece più popolare, è scappato da Napoli perché addirittura accusato di omicidio. Quando i due si incontrano è uno scoppiettare di frizzi e di lazzi e la platea piange dalle risate.
In tutte le parrocchie si formavano delle compagnie dilettantesche che dopo il lavoro andavano a provare la recita che sarebbe andata in scena fra Natale e la Befana. Gli spettatori erano per la maggior parte parenti ed amici degli improvvisati attori e si andava per vedere specialmente i diavoli, famose erano le loro “cadute”, veri e propri esercizi acrobatici con salti mortali. Voglio ricordare Pier Luigi Ortiero ed Elio Polimeno, celebri Belfagor, dalla recitazione stentorea ed accattivante e da un’agilità scenica senza pari.
Ma soprattutto per Razzullo e Sarchiapone, ce n’erano alcuni veramente bravi che nei siparietti si cimentavano anche nell’attualità di allora mettendo in ridicolo personaggi famosi contemporanei o semplicemente personaggi del quartiere, facendo scompisciare dalle risa i presenti.

Raffaele Viviani ( 1888-1950 il celebre drammaturgo oltre che attore lui stesso ci ha lasciato una bellissima poesia intitolata appunto “La Cantata dei Pastori” che narra con indicibile nostalgia quest’indimenticabile epopea.

Verificato da MonsterInsights