Napoli stanotte: Considerazioni borboniche sulla trasmissione

La trasmissione natalizia del bravo divulgatore televisivo Alberto Angela, di Piero come si diceva una volta, prima che l’obbligo dell’indicazione della paternità e maternità fosse abolita dai documenti anagrafici, è affascinante e va giù tutta d’un fiato. La cancellazione di quest’obbligo avvenne con la riforma del diritto di famiglia del 1975 a tutela di coloro che non potevano vantare discendenze illustri ed erano bollati col triste marchio di N.N, abbreviazione latina di: (pater ) Non notum che marchiava a vita qualsiasi giovane di belle speranze e che spingeva anche all’emigrazione.
Chi non ricorda la celebre poesia di Eduardo De Filippo, “Vincenzo De Pretore” dove si racconta la tragedia di un figlio di padre ignoto. Ed Edoardo lo fa con la maestria dolorosa di chi è stato personalmente colpito da questo marchio d’infamia. Disgrazia doppia per il drammaturgo napoletano, perchè suo padre Eduardo Scarpetta, era sconosciuto per l’anagrafe ma conosciutissimo in tutto il mondo anche per la sua famiglia allargata ante litteram.
Viceversa, chi invece poteva vantare una sfolgorante discendenza, l a esibiva ad ogni pié sospinto. Basta ricordare il marchese de La Livella di Totò che ebbe natali illustri, nobilissimi e perfetti, da fare invidia a Principi Reali … ma stiamo andando fuori tema.

“Stanotte a Napoli” la trasmissione televisiva andata in onda su Rai uno a Natale, è stata coronata da un enorme successo: i dati dell’Auditel parlano di più di 4 milioni di telespettatori con uno share del 25%. Ormai anche le trasmissioni del servizio pubblico, da quando è in campo Mediaset e più che mai ora con le piattaforme come Netflix, vengono pensate e realizzate solo in funzione di questi due elementi, cosa che a un servizio che si regge ancora su un abbonamento forzoso, non dovrebbe poi interessare più di tanto. Comunque la trasmissione si può inserire facilmente in quelle che sono considerate di divulgazione di modelli culturali e quindi fanno parte ad un titolo della televisione pubblica. E’ una dispensa dei Fratelli Fabbri editori fatta in televisione. I Fratelli Fabbri Editori furono i primi a lanciarsi con successo nella divulgazione di massa con la pubblicazione di illustratissime dispense a colori con poco testo di facile comprensione.

Pastori a San Gregorio Armeno

D’altra parte considerato il giorno in cui è stata trasmessa, Natale non poteva essere altrimenti: la solita cartolina su Napoli con i suoi collaudati stereotipi: il mare la bellezza le realizzazioni dei primi re Borbone la musica e le canzoni, la storia della Sirena Partenope, Pompei ed Ercolano ed infine i presepi di Via San Gregorio Armeno ed una capatina misticheggiante nel Cimitero delle Fontanelle dove sono sepolti i defunti della grande peste del 1656, il culto ed il miracolo di San Gennaro ed il suo tesoro, la Cantata dei Pastori e Natale in Casa Cupiello. Unico guizzo verace quando è stato presentato il Monastero di Santa Chiara e la canzone cantata magistralmente da Ranieri Massimo. E’ una canzone dell’immediato dopoguerra dove Napoli era distrutta fisicamente e moralmente e sembrava che non si dovesse più riprendere.

Angela già altre volte in simili trasmissione mi pare “Quark” o “Ulisse” aveva evidenziato come il regno duo siciliano non era un regno tutto destruente cioè distruttivo ma un regno costruttivo che ha arrecato benefici alla popolazione.
Prudentemente lo stesso Angela ha esordito sottolineando come Napoli in effetti è una realtà con molte ombre e luci mettendo le mani avanti sulle probabili accuse di pura oleografica televisiva. Bisogna riconoscere che lo sforzo non è stato da poco anche in considerazione che è appena terminata una serie apologetica televisiva su un aspetto non proprio idilliaco della vita partenopea.
I borbonici di tutte le categorie, reazionari, progressisti e quelli inconsciamente borbonici eccetera che hanno visto Stanotte a Napoli, non hanno che riapprezzato quelle realizzazioni fatte in un contesto storico che era quello stagnante dopo il Vicereame spagnolo e quello non meno predatorio dell’impero austroungarico. Ma la crescita di Napoli sembra di essersi fermata lì, come illustrava un gigionesco Giancarlo Giannini, in un improbabile Carlo III in smoking in uso solo dall’inizio del 1900.
In effetti sorvolando sugli interventi di matrice favorevole alla popolazione a Napoli, lasciando da parte la mitica ferrovia, come le fognature l’illuminazione pubblica gas il telegrafo elettrico il risanamento dei vasci (bassi: abitazioni monolocale) eccetera, sembra che dal periodo dei Borboni ad oggi l’unica cosa positiva che c’è e quello della mostra lì dei presepi napoletani a San Gregorio Armeno come se quella fosse l’unico volano di sviluppo della società.
La trasmissione è stata una mano santa per i siti riprodotti in tivù. Quando Angela presenta la galleria Umberto I, rimessa a nuovo per l’occasione si può gridare al miracolo perché si trova in uno stato di degrado indicibile che ha causato anche qualche incidente mortale e dove non si può addobbare un albero di Natale senza che venga distrutto o rubato. E’ come quando una personalità illustrissima decide di visitare qualche città o borgo sperduto. Allora lavori che non si son potuti fare in anni, vengono fatti subito e questo è uno dei pochi vantaggi concreti ( e di poca durata) che ne hanno i cittadini da queste kermesse.
La trasmissione salta pari pari tutta l’epopea post unificazione d’Italia come sappiamo abbondantemente, non solo salta il periodo in cui furono represse nel sangue le aspettative del popolo napoletano che da quella unità si aspettava qualcosa di più ma si disperse quel patrimonio di risorse umane che a favore o contro o il trono borbonico si era nato, cresciuto e consolidato. L’economia ridivenne languente ed i giovani e gli elementi agili come quelli di oggi, lasciarono il sud ed emigrarono a nord, mentre i contadini sopravvissuti ai cannoni di Bava Beccaris presero la volta delle Americhe.
Oggi i nipoti di quegli esodati dal sud al nord neppure ricordano, mentre i più anziani con nostalgia e luccicore agli occhi magari dalle fredde città del Nord, parlano di un’età dell’oro che sarebbe stato il regno meridionale e la sua capitale.

Tutto bello, magnifico, rutilante!
Il problema è di quelli che a Napoli ci stanno e ci devono vivere e che pensano che qualcuno ( esterno) debba (ri)costruire una città che sia non solo degna di questo glorioso passato ma che esso deve essere un punto di partenza di un seme fertile per un nuovo altrettanto degno futuro. Ma una nuova Partenope non può essere un qualcosa di simile al parco che doveva riqualificare Napoli il giorno dopo che l’Ilva di Bagnoli fu chiusa fra danze e canti e sogni ed anche progetti concreti, per carità. Ma finite le danze i canti e i sogni, è rimasto poco forse la speranza che non è una cosa “data” esterna a chi spera, ma interna che devono dare la capacità come dicevano gli antichi filosofi greci di Napoli, di poter passare dalla potenza all’atto. Pare facile!

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