Covid: Dopo un anno siamo punto e a capo, uno sconforto senza fine

Dopo un anno siamo punto e daccapo. Ormai la giornata è appesa al bollettino serale dell’andamento dell’epidemia. Ed ogni sera puntualmente i numeri non sono quelli che noi vorremmo. E’ vero che ogni tanto sembra di intravedere qualche spiraglio, un arcobaleno che spunta. Ma infallibilmente il giorno dopo questo spiraglio è chiuso, l’arcobaleno scomparso.

Virologi in gara per il “Premio Cassandra”
Ieri siamo stati beneficiati dal un altro decreto del presidente del consiglio dei ministri, il cui autore, per timidezza forse, non ha voluto illustrarlo agli italiani e residenti, delegando l’incombenza ai ministri della Salute e delle Regioni. E’ vero che finora si era abusato in esternazioni e le pagine dei social network erano roventi per lo sconsiderato uso che se ne faceva, ma come al solito si passa da un eccesso all’altro, immemori dell’insegnamento di Confucio della “legge del giusto mezzo”, ovvero che in medio stat virtus, dando l’impressione che il potere si stia richiudendo in una torre eburnea di un governo dei migliori ( Platone, Aristotele?) dove fare le sue sapienti scelte illuminate, mentre i virologi di ogni risma combattono in tivù per aggiudicarsi il “Premio Cassandra” e deprimerci ancora di più.
L’anno scorso proprio in questi giorni cominciava la nostra tragedia, la nostra prima clausura. L’affrontammo bene come le truppe che vanno all’attacco baldanzosi contro il nemico fidando di poter vincere in pochi giorni.

Rispetto all’epidemia del 1630 descritta dal Manzoni eravamo convinti che con i mezzi a disposizione sarebbe stata una passeggiata, una bazzecola, una pinzillacchera. Si cantava dai balconi, si scriveva andrà tutto bene e la prima Pasqua ce la siamo fatta a casa e la pasquetta senza mangiare il casatiello sul prato. Quest’anno ci sarà il reply, la replica e speriamo come suggerisce qualcuno che a pasquetta piova così soffriremo di meno
A giugno dell’anno scorso, folli ed incoscienti, cantavamo vittoria in un’orgia di ammucchiate che nessuno si pensava più potessero accadere. Invece il nemico aveva fatto una ritirata strategica e ora ci stiamo logorando in una guerra di trincea a spettando la nuova zona rossa universale.
L’unica speranza concreta che rimane è quella di una vaccinazione di massa

Nel 1973 tutti vaccinati in un mese

Nell’estate del 1973, l’Italia fu colpita da un’epidemia di colera che raggiunse alcuni comuni del centro-sud, fra cui Torre del Greco, che ebbe il primo caso clinicamente accertato, estendendosi poi a Napoli. Per stroncare la diffusione della malattia, le autorità, oltre ad un rigido cordone sanitario, attuarono immediatamente una vasta campagna vaccinale, la più massiccia di tutto il dopoguerra. I cittadini immunizzati furono circa un milione di napoletani e baresi tra il 30 agosto e il 3 settembre di quell’anno. Anche allora all’inizio non c’erano le dosi di vaccino per tutti ed il Corriere della Sera del 31 agosto 1973 denunciava in prima pagina, che «le dosi di immunizzanti affluiscono con eccessiva lentezza». Facendo le debite proporzioni fra i mezzi di allora e quelli di oggi, si sarebbero già dovuti immunizzare un quarto della popolazione, 15 milioni invece siamo a circa 4 milioni.

Occorrono criteri uguali per la vaccinazione da nord a sud
Ora sembra mettersi sul binario giusto l’aspetto logistico, senza aver definito un ordine di priorità omogeneo sul territorio nazionale, inoltre bisognerebbe uniformare anche i criteri di somministrazione del vaccino. Prima bisognerebbe stabilire due canali di vaccinandi:
Per categoria ( medici, infermieri, forze dell’ordine, insegnanti ecc…)
Per classi di età ( over 80, 70 ecc…)
Poi decidere se gli appuntamenti sono a domanda e a chi farle ( asl, medici di famiglia, regioni, comuni, le province no perché fortunatamente sono abolite) oppure sono questi soggetti che convocano gli interessati.
Perché presso il ministero della Salute ci sarà un data base che divide le persone secondo i criteri sopraccennati o almeno lo penso e se non esiste qualcuno avrà pensato a metterlo in piedi. Con tutti gli scienziati digitali che abbiamo a disposizione non dovrebbe essere complicato.
Speriamo che in tempi rapidi si possa raggiungere almeno la vaccinazione di un quarto della popolazione così da poter riprendere una parvenza di vita normale che tuteli la salute, fisica e psichica delle persone e l’ economia delle persone, perché non tutti sono lavoratori garantiti per i quali la pandemia si può prolungare all’infinito perché i danni sono marginali. Ci sono delle persone che se non si riaprono le loro attività, con tutte le garanzie del caso, forse non moriranno di covid, ma sicuramente per fame.

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