Ma il recovery plan e il PNRR daranno la svolta all’Italia? Tutti lo sperano ma pochi ci credono.

Il 26 aprile 2021, il giorno dopo quello di commemorazione della liberazione dalla dittatura, il capo del governo nominato si è presentato alla Camera dei Deputati per illustrare il Piano nazionale di ricostruzione e resilienza(?), forse perché il termine Resistenza era già utilizzato per il 25 aprile, esordendo in questo modo: “Sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pur nella sua storica importanza, sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, di numeri, obiettivi, scadenze. Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo. Metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà. La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e rispettato. Ma, nell’insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese. La misura di quello che sarà il suo ruolo nella comunità internazionale.”
Come si diceva nel periodo borbonico, quello regressista,” la bocca è nu bello strumento, beato a chi la sa usare” ovvero “chiacchiere e tabacchere di legn il Banco di Napoli non l’impegn”.
I progetti principali sono: la riforma della pubblica amministrazione, la riforma della giustizia, la riforma di qualche altra cosa che so la scuola, la ricerca la sanità e le infrastrutture.
Praticamente le stesse parole d’ordine dei Comitati di liberazione nazionale del 1945 e del successivo piano Marshall dal nome del politico statunitense che lo illustrò il 5 giugno 1947 e che ufficialmente si chiamava “ European Recovery Program
Così esordì: Non ho bisogno di ricordare a voi signori che la situazione del mondo è molto seria. Ciò dev’essere evidente a tutte le persone intelligenti. Ma i cittadini di questo nostro paese vivono lontani dalle aree instabili e turbolente della terra ed è difficile per loro comprendere i guai e le reazioni di popoli che soffrono da troppo tempo, e gli effetti che queste reazioni hanno sui loro governi in rapporto ai nostri sforzi di promuovere la pace nel mondo.
Nel considerare i requisiti necessari alla ricostruzione dell’Europa sono state stimate correttamente le perdite di vite umane, la distruzione visibile di città, fabbriche, miniere e ferrovie, ma nei mesi recenti è diventato ovvio che questa distruzione visibile è stata probabilmente meno grave dello sconvolgimento dell’intero tessuto dell’economia europea. Nei dieci anni passati le condizioni sono state assai anormali. ………
La verità è che, per i prossimi tre o quattro anni, i bisogni dell’Europa in materia di derrate alimentari e altri prodotti essenziali provenienti dall’estero – soprattutto dall’America – sono così superiori alla sua attuale capacità di pagamento che dovrà avere ulteriori e sostanziali aiuti, pena l’aggravamento della sua situazione economica, sociale e politica.

A parte l’effetto demoralizzante sul mondo intero e i disordini che possano derivare dalla disperazione delle popolazioni interessate, le conseguenze di tutto ciò sull’economia degli Stati Uniti dovrebbero essere evidenti a tutti. È logico che gli Stati Uniti debbano fare quanto è in loro potere per favorire il ritorno di normali condizioni economiche nel mondo, senza le quali non può esserci né stabilità politica né pace sicura.”
Naturalmente si trattò di un investimento per gli Usa in quanto con i dollari prestati ( solo una piccola parte erano a fondo perduti) si dovevano comprare merci statunitensi. Infatti furono inviati migliaia di consiglieri economici statunitensi in Europa che attraverso l’ Economic Cooperation Administration (ECA), l’ufficio preposto alla collocazione degli aiuti controllavano e indirizzavano. Come si vede è un deja vu. Su molte merci, specie quelle alimentari, era stampigliata la scritta : “ Dono degli Stati Uniti “ Ma comunque la cosa funzionò e l’Europa occidentale, Italia compresa si risollevò dal baratro in cui era precipitata e si fanno tutti gli scongiuri per una riuscita di questo secondo piano Marshall, come viene nominato il Recovery Plan anche se fra il dire ed il fare c’è in mezzo il mare e lo dimostra il fatto che dopo 76 anni dalla liberazione stiamo a discutere sempre delle stesse riforme.

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